Difficile

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Difficile.
Difficile ogni mattina il primo passo, meno lo fu quello che congedò i gattoni.
Difficile la sera, scollegare il battito dal cuore inutilmente rianimato.
E cercare nei posti, nei luoghi di una presenza e trovarci una caligine che appanna la mente; benedetta, voluta, cercata demenza che spegne il tarlo annidato nelle carni, per un secondo mi distraggo e dimentico, per un istante che vorrei dilatato in eterno: non so. Questo non sapere mi inebria, è euforico, anestetico del tempo che evapora in un attimo.
Blu.
Oltremare.
L’inizio di una notte.
Insonne.
Una notte difficile.
Eppure, con quel si ma, che è un no, sono vivo.
Senza saperlo più.
Senza saperlo ancora.
E tu, Male, lo so, io ti conosco; è che mi manca la forza per vomitarti.
Sarà elemosine di un percorso che passa per la storia.
Che sia di oggi o di domani, lo comincerò e arriverò quel giorno a casa mia.
Difficile. Perché lontano e senza strada.
I rumori, gli odori, ogni emozione nuova un’aggressione che riparo e schivo e chiudo fuori me.
Ma al primo respiro mi accorgo di un altro e poi di un altro e un altro ancora.
Non solo.
Nel primo movimento, riconosco un gesto, trattengo per me il ricordo.
Dopo l’apnea riapro gli occhi che il vento vuol far piangere, così distratto dalle lacrime non capirei la musica che esso suona per me tra i miei capelli, sulle mie guance.
Uno schiaffo mi ridesta.
Suona solo per me.
E per quella via, qualcuno si è accostato, qualcuno riscalda.
Mi sembra strano esistere di nuovo.
Esistere ancora.
Laggiù una nuova alba.
Un giorno in meno.
Un giorno in più.
Un viaggio.
Difficile.

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