Tradire

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Bisognerebbe  cominciare da qui, dall’origine del significato: del venir meno ad un impegno, alla fede, a un obbligo, un dovere, un giuramento. Non riesco invece a separarmi da una sorta di interpretazione che mi proviene dall’osservazione del fenomeno in modo distaccato, estraneo.
Dal latino TRÀDERE, composto dalla particella TRANS oltre, al di là e DÈRE (DÀRE) consegnare, far passare. – Dare oltre, far passare al di là.
Spiego.
Il tradimento è sempre e solo conseguenza.
Mi rendo conto di non aver spiegato proprio nulla e anzi di aver suscitato invece un moto interno di disapprovazione, soprattutto da parte dei “traditi”, di coloro che si sentono in credito con questo verbo ingrato: devo migliorare.
Il tradimento è sempre e solo secondario (al di là di cosa? Oltre a cosa?).
Andiamo peggio.
Proviamo a dirlo così: il tradimento è “secondo” ad uno status “primo” (e con primo intendo l’ordine cronologico) mancando il quale, esso non può esistere. È in particolare, la violazione dell’integrità di questo status primo.
Il problema spesso è esattamente qui: qual è questo stato?
Nelle relazioni personali, in particolare in quella di coppia (ambito verso il quale la mente ci porta immediatamente quando sentiamo questo verbo), dovrebbe esserci la consegna di un patto reciprocamente sostenuto e desiderato: voluto. La probabile mancanza di dettaglio nella redazione di questo patto, a volte auspicata o auspicabile (cfr. fede e fiducia più in basso) lascia inevitabilmente molto spazio non solo a diverse possibili interpretazioni ma ad azioni, modi di essere, comportamenti.
La parte di accordo che rimane implicita nella stipula rischia così di essere vista (e vissuta) in modo disallineato dalle parti in causa, e proprio per la sua natura, in modo del tutto inconsapevole.
Ci si scopre poi a distanza di tempo non più d’accordo (questo è un errore voluto, non è esatto dire non più d’accordo visto che probabilmente non lo si è mai stati, solamente lo si ignorava) con tutto quello che tacitamente avevamo sottoscritto e capita così che dietro ad un qualche gesto leggiamo un baratro di sofferenze, infedeltà, irresponsabilità.
Prima di formulare una qualunque accusa, andrebbe quindi sempre riconsiderata l’intesa: le prove a carico e l’aula di giustizia rischiano di trovarsi in giurisdizioni diverse.
Quanto conosco dell’altro? Quanto di tutto ciò che non ci siamo detti è così diverso in lui da quello che è in me?
Attenzione però a non confondere la fede (e in modo minore anche la fiducia) con il credito o la stima che si hanno di una persona: mentre le seconde necessitano di prove concrete, di mantenimento continuo delle aspettative, la prima si deve basare su qualcosa che trascende dalla nostra volontà, è il sentimento dell’amore stesso o dell’amicizia che ce lo chiede.
Riusciamo forse ad essere innamorati o amici solo perché la persona che abbiamo di fronte rispecchia fedelmente l’idea che abbiamo di lei? E che fiducia è, quella che ha costantemente bisogno di prove concrete (e in questo comprendo anche l’assenza della mancanza) per essere mantenuta? In questo senso non credo che la fiducia debba essere lentamente costruita, penso che sia più un atteggiamento, un modo di rapportarsi all’altro; chi dice che la fiducia si costruisce negli anni e che bastano pochi secondi per distruggerla, secondo me non ha mai saputo cos’è la fiducia, secondo me non si è mai veramente fidato di nessuno. E cosa forse ancora più grave, non potrà farlo mai.
Quando il nostro status primo è esplicitamente l’accordo, non possiamo parlare di tradimento, c’è la violazione di una norma, di una regola (attenzione, non sto sminuendo, spesso questa violazione comporta la risoluzione dell’accordo stesso!), di qualcosa che si era chiaramente stabilito e che non andava fatto.
Quando invece parliamo di fede o fiducia, non ci sono norme violate, o illegalità, questo è il vero tradimento: la violazione della fede altrui.
Chi non si fida non può essere tradito.

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