Ci vediamo, dì, che ne pensi? Che t’inventi? Maledizione! Del dove te ne vai? Là? Si sta comodi, c’è rumore? E correre e saltare? Ci sono abbracci da cercare? Si può far capriole? Dimmi, ci sono ancora, le parole? Qui non c’è altro che domande. E allora smetto. Non mi viene facile lasciare ma non si può proprio continuare. Per ora, ti lascio qui quel che viene più facile a tutti. Per ora, sto con tutti. Ciao. Puoi ascoltare: Sigur Rós – Starálfur
Lettera iniziale
È questo sforzo, di tempo immemore che mi separa di quanto aumentato l’allungo per raggiungerti. Sublime ignoranza smetti, ti prego, di cullare la mia beata coscienza. Basta! Intorpidita, ubriacata non ti serve a ritrovarla dall’alto a scrutare le nebbie. Neanche serve questo risparmio, questa unica imprevedibilità che ti serbi. C’è finora un solo colpo, un battito. Da risuonare, effondere, moltiplicare. Raccolto a celebrare esequie al passato*. * Quest’ultimo verso è un omaggio ad Alda Merini
Le parole che vorrei trovarti
Distanza breve, un attimo quello che impatta è mare su scoglio. Accosto. Ascolto il voltarsi dell’onda, lo scroscio impetuoso è uno scoppio riempie di suono e distrugge. Al prossimo tuffo mi chiudo gli orecchi e attonito osservo uno scambio di amore è immobile il sasso, non cambia di un niente milioni, migliaia, di anni lo aspetta quel bacio di acqua lo scioglie perfetto. Ripongo lo sguardo puntandolo al cielo e subito un brivido chiama la pelle per ogni sua goccia che il muscolo accende; se scivola piano, una lacrima finge. Dell’acqua sul viso, rimane il salato in punta di labbra lo trovo baciarmi e l’odore … Read More
Apologia
Qual è che hai attorno? Quanto di sofferto, voluto e prima desiderato, sognato? Di cosa ti sei circondata? E quale il movimento: ti sei avvicinata o hai tratto? Ciò che rimane è somma. Lunga fila di addendi in spazi vuoti. Non ti stupire allora di questa ulteriore inutilità. Perché a sublimare l’essenza del dono, che nulla già vuole a cambio, cosa si può di più di ciò che non serve? Difficile sarebbe: pensato, forse nemmeno immaginato; questa sia ricerca, senza cogliere frutto, né vendemmia, né raccolto. Che non si bestemmi il sudore del campo, si rimanga a versarlo sul pane. Di questo non ci si … Read More
Sconfitte
Galleggio intatto a cinque metri da te. Senza voce. Non conosco le parole che vorresti ascoltarmi, mi sembra presunzione mia credere, anzi, che le attendi. Ciò che rimane è perdermi per un istante un attimo in un incrocio possibile di luce. Traiettoria unica ottica. Sono stracciato di questa mia delicatezza. E l’intorno persone e gesti, musiche e voci, a corollario del mio tumulto. Muove immobile l’”incerto” ovunque vada rimane fermo ad aspettare. Resisto, lì in piedi silenziosamente abbattuto. Mi rialzo. Che di sconfitta mi faccio vittoria. Arrivo. Da ascoltare: Subsonica – Benzina Ogoshi Da ricordare: 80° della nascita di Alda Merini
Il popolo dei vivi
Qual è il percorso, l’avvicinamento? Nel nostro unico riuscire, nessuno può imparare. Ma che grave e incalcolato, è il ricordo da portare. Si sublima un gesto, un suono, evapora in memoria. A muoverlo, spostano lacrime, addolcire il volto fa il cuore salato. C’è chi si stringe e chi si allarga, chi scalcia e chi s’azzoppa. Non c’è immunità di quest’assenza, condanna tutti senz’appello. Per lunghi anni o pochi giorni, a rimanere senza. Quel che resta è gli altri, siamo noi. Vivi e infranti. Ciao Nic.
Silenzio
In questo lago d’autunno, confondo passi leggeri. A sfiorare petali gli uni ad affondare a spanne negli altri. Giungo dall’alto e nel paesaggio incantato mi sfuòco: non gli appartengo e mi rigetto a nascondermi. Laggiù lo specchio mi chiama mi muovo attratto dall’acqua. Il riflesso inganna, è solo cielo. Il resto dei colori, sospeso, deviato da traiettorie di luce rettilinea. Dovrò aspettare l’inverno e il suo ghiaccio che con lame e cristalli ricopre un’inutile assenza. E inaspettato il primo raggio di sole a primavera a colpire la tua debolezza. Farla vibrare oscillarla. E prima che a scioglierla il peso della stagione ti fletta. Per cedere … Read More
Latte
Madre e bimba. Per il tuo frutto che meravigliosamente hai. Ti invidio. Per il tuo essere donna a donna. Per questo intelligente passaggio che la natura non ha scordato. Perché vi siete mischiate il sangue da dentro e ora il seno da fuori, così che impari a (ri)conoscerti esterna ma non estranea. Non dubitare però che tutto questo sia anche per te. Perché se ti avvantaggia il saperlo dell’essere figlia, altrettanto ti spaventi il furto di quell’altro cuore che con tanta cura era riposto accanto a te. Quel muscolo asincrono un poco più basso, scippato nel parto. Guardalo. Non sai niente di lei. Accostati, usalo, … Read More
Convinzione in passato remoto
Della lama del guardaboschi non vidi mai il segno, fu la piena del torrente; l’acqua si infilò tra le mie crepe, spinse sul fusto, non riuscii a trattenere a me la radice. Fu la mia in-consistenza o la furia della corrente? Piovve tutta la notte e poi il giorno e un’altra notte. Col sole fui spoglio. Sterile. La superficie liscia, inattaccabile. Ci vollero altre acque a bere e soli a spaccare, muschi a concimare e insetti a riparare. Finché lo storno lasciò cadere un seme. Lo accolsi. E ancora altre acque e altri soli, muschi e insetti. Il seme, a germogliare. Mi si faccia di … Read More